Studente che non presta attenzione alla lezione.

L’ attenzione

ATTENZIONE

L’attenzione è un processo cognitivo che permette di mettere in evidenza alcuni stimoli ambientali, ignorandone altri. Si tratta di una funzione mentale posta a livello conscio: l’attenzione può essere diretta volontariamente oppure può essere richiamata in modo automatico dalle caratteristiche dello stimolo, ma in entrambi i casi si tratta di un fenomeno dl quale siamo consapevoli.

Dato che la nostra capacità di acquisire e memorizzare gli stimoli è limitata, se non esistesse il filtro dell’attenzione vivremmo in un mondo indecifrabile e confuso.

Il concetto di attenzione appare multiforme, perchè comprende aspetti diversi e viene usato per spiegare fenomeni e situazioni differenti. Gli studiosi si sono occupati sia della cosiddetta attenzione selettiva (la capacità di selezionare alcuni stimoli, ignorandone altri) sia dell’attenzione divisa (capacità di prestare attenzione contemporaneamente a stimoli diversi).

In questa sede saranno approfondite alcune teorie sull’attenzione selettiva.

Lo studio dell’attenzione selettiva è stato avviato da Cherry, che cercò di capire come avviene che fra stimoli molteplici provenienti dal mondo esterno, il soggetto ne selezioni alcuni, lasciandone decadere altri. La dimostrazione di ciò è data da un fenomeno noto come cocktail party in cui si riesce a prestare attenzione ad una sola conversazione nonostante ve ne siano parecchie in corso che potrebbero interferire (in pratica vengono esclusi gli stimoli disturbanti).

TEORIA DEL FILTRO DI BROADBENT (1981)

La teoria del filtro di Broadbent è detta teoria strutturale poiché sostiene che alla base della capacità selettiva dell’uomo via sia un meccanismo (un filtro) che permette il passaggio solo di certa informazione.

Secondo Broadbent esiste una fase iniziale di elaborazione dell’informazione (che avviene a opera del sistema sensoriale), durante la quale tutti gli stimoli vengono analizzati simultaneamente sulla base delle loro caratteristiche fisiche elementari e immagazzinati per un breve periodo. In questa fase, quindi, non si ha alcuna selezione dell’informazione.

Successivamente si verifica una fase di elaborazione più avanzata a opera del sistema percettivo, il quale opera serialmente, elaborando cioè uno stimolo dopo l’altro.

Un filtro, posto tra il sistema sensoriale e il sistema percettivo, seleziona gli stimoli che possono avere accesso ai livelli di elaborazione più sofisticati, quindi non tutti gli stimoli avranno accesso a questa fase di elaborazione più avanzata.

DEUTSCH E DEUTSCH

Una proposta più radicale rispetto al modello di Broadbent è invece quella di Deutsch e Deutsch. Questi autori respinsero il modello di Broadbent, perché valutarono che le capacità di elaborazione dell’informazione che il filtro descritto da Broadbent dovrebbe avere per operare la selezione dell’informazione dovrebbero essere tanto complicate quanto lo sono quelle del sistema percettivo. Se questo è vero, allora il filtro diventa totalmente inutile.

Essi quindi proposero che non esiste nessun filtro e che l’intera elaborazione dello stimolo è automatica e indipendente dall’attenzione selettiva. L’attenzione selettiva interverrebbe solo per controllare l’accesso dello stimolo alla coscienza, alla memoria e ai sistemi di risposta.

Metodi d’indagine:

I principali test  per valutare l’attenzione selettiva:

-Stroop test, chiamato anche “color and word test”. E’ una prova articolata in vari sub-test: leggere una lista di colori, leggere nomi di colori scritti in colori incongruenti (per esempio se la parola “blu” è scritta in giallo bisogna dire “giallo”). Valuta la capacità di saper controllare l’effetto interferenza

Test delle campanelle: vengono presentati al soggetto fogli in cui vi sono molteplici figure, tra cui anche campanelle. Il soggetto deve barrare tutte le campanelle presenti in mezzo alle molteplici figure

-il test di Toulose e Pieron, presenta una pagina di segni astratti e si chiede al soggetto di cancellare tutti quelli identici al modello dato.

AMBITO APPLICATIVO: Per quel che riguarda i nessi con il campo clinico le anomalie dell’attenzione possono essere suddivise in:

  • Ipoprossessia-aprossessia (o disattenzione):associata a diminuzione di vigilanza o agli stati confusionali; il deterioramento dell’attenzione costituisce uno dei sintomi principali della schizofrenia.
  • Iperprossessia: in stati talora detti di super-coscienza, nell’intossicazione da allucinogeni, nell’isteria, nelle patologie fobiche, ossessive-compulsive, nel delirio.

Una forma psicopatologica di diminuzione dell’attenzione si ha nel disturbo da deficit di attenzione e iperattività (ADHD), in cui nei soggetti si verifica una incapacità a mantenere l’attenzione su compiti, giochi o altre attività, e una continua tendenza alla distrazione.

Lo stress, l’ansia, o uno stato depressivo possono alterare l’attenzione.

Nei fobici e nell’ansia grave, l’attenzione è focalizzata all’attesa di pericoli fantasmatici, mentre nei soggetti depressi, è ristretta a temi specifici. Nella mania e nell’ipomania c’è un incapacità a focalizzare e mantenere l’attenzione su un oggetto o un idea, quindi aumenta la distraibilità.

Esistono poi disturbi dell’attenzione che possono avere un carattere neurologico, per esempio nelle persone affette da eminattenzione (neglet), un disturbo caratterizzato dalla difficoltà del paziente a prestare attenzione allo spazio extracorporeo opposto alla sede lesionale cerebrale (per cui se la lesione è a destra e viene chiamato da sinistra non risponde e non si riesce a catturare la sua attenzione verso quel lato).

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